Phillip K. Smith III – “Lucid Stead” in The California Desert

Vogliamo nuovamente il nostro sguardo verso il deserto della California, qui Phillip K. Smith III ci mostra il risultato della sua ultima sperimentazione visive, un concentrato di colore e fantasia che va ad inserirsi in modo simbiotico con il panorama circostante.

L’ultimo progetto firmato da Phillip K. Smith III, “Lucid Stead” ci ha seriamente scosso, l’artista continua la sua ricerca visiva andando nuovamente a interloquire con il paesaggio, con la natura e con gli elementi che decide di installare, generando opere uniche e dal fortissimo impatto visivo. Gli strumenti scelti di per sè sono piuttosto semplici, si tratta di un installazione di specchi e luci led su questa piccola struttura isolata nel cuore del deserto, l’interprete anzitutto si interroga sulla luce e sull’ombra, la luce riflessa e proiettata e tutti i relativi cambiamenti che ne scaturiscono, in particolare il lavoro si concentra su come le stesse visioni sui nostri aspetti più emotivi attraverso un rapporto con il panorama che circonda la piccola casupola in legno.

L’opera in principio si sviluppa sugli effetti della luce del sole, attraverso il movimento dello stesso assistiamo ad un costante cambiamento, il sorgere dello stesso, così come i raggi di metà giornata fino ad arrivare verso la notte, influiscono direttamente sull’aspetto della struttura, le fasce riflettono il paesaggio offrendoci una prospettiva nuova ed incredibile, d’altra parte le zone in legno lasciano un binomio particolare, a metà tra organico ed inanimato che confonde e annichilisce la vista, tra riflessioni su noi stessi e sul luogo dove ci troviamo. Il secondo step del lavoro avviene in notturna dove le luci led simulano in parte quelle del sole, i colori forti ed accecanti fanno da riverbero per la struttura realizzando un punto cromatico forte e multi-sfaccettato in una zona abbandonata a se stessa.

E’ interessante cogliere il binomio innescato da Phillip K. Smith III, da una parte, durante le ore di luce, la piccola struttura cattura a se la luce riflettendo il paesaggio e la zona spostando quindi l’attenzione sul panorama, di notte invece assistiamo all’inverso con le luci che trasmettono colore e che focalizzando tutta l’attenzione su questo insolito elemento visivo.

Un progetto che ci ha seriamente coinvolto e che vi diamo modo di apprezzare al meglio attraverso la bella serie di scatti in calce, dateci un occhiata, siamo certi che saprete apprezzare.

After the long, dusty, bumpy, anxious trip out into the far edges of Joshua Tree, you open your car door and for the first time experience the quiet of the desert. It’s at that point that you realize you are in a place that is highly different than where you just came from.
Lucid Stead is about tapping into the quiet and the pace of change of the desert. When you slow down and align yourself with the desert, the project begins to unfold before you. It reveals that it is about light and shadow, reflected light, projected light, and change.
In much of my work, I like to interact with the movement of the sun so that the artwork is in a constant state of change from sunrise to 9am to noon to 3am to 6pm and into the evening. With Lucid Stead, the movement of the sun reflects banded reflections of light across the desert landscape, while various cracks and openings reveal themselves within the structure.
Even the shifting shadow of the entire structure on the desert floor is as present as the massing of the shack itself, within the raw canvas of the desert.The desert itself is as used as reflected light…as actual material within this project. It is a medium that is being placed onto the skin of the 70-year old homesteader shack. The reflections, contained within their crisp, geometric bands and rectangles contrasts with the splintering bone-dry wood siding
This contrast is a commonality in my work, where I often merge highly precise, geometric, zero tolerance forms with material or experience that is highly organic or in a state of change…something that you cannot hold on to…that slips between your fingers

Pics via Juxtapoz