Open Borders: Il progetto di Escif al Palais de Tokyo di Parigi
Per la decima sessione del LASCO PROJECT il Palais de Tokyo di Parigi ha invitato Escif a realizzare un dipinto monumentale sulla facciata posteriore dell’edificio per esaminare la storia e il patrimonio del Maggio ’68.
Avviato nel 2012 nei tunnel sotterranei del Palais de Tokyo, il LASCO PROJECT ha visto fino ad ora coinvolti 60 artisti internazionali che si sono confrontati con le architetture della struttura francese, con i suoi corridoi, scale, passaggi ed interstizi attraverso interventi site-specific, opere monumentali e lavori segreti, producendo un percorso che si estende per quasi 1 chilometro.
Il progetto di Escif si aggiunge ai lavori realizzati da lo scorso Luglio dall’artista Greco Stelios Faitakis che in due pitture murali ha analizzato l’eredità del pensiero situazionista e del Maggio ‘68 nelle rivolte contemporanee.
OPEN BORDERS è il titolo del progetto proposto da Escif, il grande artista Spagnolo ha riprodotto gli slogan che hanno accompagnato le insurrezioni studentesche del maggio 1968 insieme alle scritte scarabocchiate nei bagni del Palais de Tokyo, intrecciando il tutto con alcuni trompe-l’œil degli elementi architettonici dell’edificio.
Aldilà della sua dimensione estetica e tematica l’opera porta con sé tutta una serie di considerazioni e riflessioni con cui Escif esprime la sua visione sull’arte in strada, sui muri come opportunità e mezzo di comunicazione e su come egli stesso vede la pittura e il ruolo dell’artista. In questo modo abbiamo l’opportunità di comprendere i principi che stanno muovendo la ricerca di uno degli artisti più importanti dell’intero movimento.
Il muro per Escif è come un limite, uno strumento di potere con il quale si pianifica, controlla e manipola lo spazio delle città. Le mura preservano e proteggono l’intimità dell’essere umano ma allo stesso tempo delimitano e condizionano le sue relazioni. I graffiti abusano delle pareti umiliandole e ridicolizzandole, trasgredendo così la loro funzione originaria. Come un effetto a specchio, la pittura può quindi alterare la funzione con cui il cemento viene imposto alla popolazione.
In questo senso per l’artista il muro dipinto non è più un limite ma un vero e proprio canale trasversale che attacca direttamente la sua stessa natura: il muro dipinto è un muro cancellato, un difetto del sistema sotto forma di messaggio di speranza che rivela la possibilità di lavorare per un mondo migliore.
Al tempo stesso la pittura è vista dallo Spagnolo come uno strumento di segnalazione, come un accento che attira l’attenzione di chi osserva su un luogo specifico. L’intento è quello di lasciare che lo spazio parli per sé utilizzando l’arte come canale di comunicazione orizzontale tra le persone.
Il ruolo dell’artista per lo Spagnolo è quello di artigiano e di mediatore ai margini del discorso dove la cosa più interessante nell’intervenire nello spazio pubblico non è l’intervento ma lo spazio stesso. L’artista deve quindi rivendicare il dipinto lontano dalla pittura cercando di muoversi tra i confini di ciò che è e ciò che non è superando i limiti del prevedibile per creare un murale che non sia un murale.
OPEN BORDERS, prima ancora “COMENTARIO DEL SOLAR“, risponde a ciascuna di queste prerogative. La composizione finale è realizzata con elementi appartenenti al contesto, le architetture riprodotte sono in scala 1/1 così come i colori scelti si rifanno a quelli presenti sul luogo. L’opera segue quindi i parametri presenti nel suo ambiente inserendosi in maniera minima e preservando le specificità dello spazio di lavoro.
È evidente come Escif miri a eliminare la spettacolarità del nuovo muralismo riportando il dialogo al centro del discorso e facendo in modo che questo prevalga sulla costrizione, sull’imposizione di un opera priva di un legame con il luogo in cui è stata dipinta.
La facciata di un edificio diventa il riflesso di ciò che si cela al suo interno, la pittura diventa uno strumento per evidenziare tutti quegli aspetti nascosti e appartenenti alla storia di un luogo laddove è lo spazio a parlare e l’artista ha il compito di percepire, intercettare e tradurre.
Photo Credit: Nicolas Gzeley via The Artist