Il murale di Basik nel quartiere La Kalsa di Palermo
Se c’è una città aperta alle contaminazioni quella è sicuramente Palermo. Nel corso del tempo diverse stratificazioni culturali e influssi internazionali si sono mescolate creando qui una delle esperienze urbane più interessanti al mondo. È in questo contesto che nasce il progetto Pangrel – Arte Meticcia, un esperimento di arte pubblica, promosso dalla Fondazione Federico II e curato da Alessandro Mininno, durante il quale Basik, Camilla Falsini, Rosk, Loste e Ambra Grassi hanno dipinto le pareti di cinque palazzi in Piazza Ventimiglia nel quartiere La Kalsa di Palermo.
Sorta nel X secolo durante il dominio arabo in Sicilia, la Kalsa, il cui nome deriva dalla parola al Khalisa (la pura o l’eletta) è il primo quartiere costruito esternamente alle antiche mura della città. La zona, un area pianeggiante situata in prossimità del porto e dell’arsenale, fu pensata come polo difensivo e politico al di fuori del vecchio centro. Al suo interno era infatti presente la cittadella fortificata alla quale era possibile accedere attraverso quattro porte.
Proprio a causa della sua posizione la zona è rimasta a lungo isolata rispetto alla città medievale sviluppando tradizioni, abitudini e perfino una leggera flessione dialettale frutto della commistione tra cultura araba ed autoctona. Oggi il quartiere è una zona popolare e pittoresca dove si respira la mescolanza di diverse culture.
St. Rosalia aligns to center the image of Palermo è il titolo dell’opera realizzata da Basik per Pangrel – Arte Meticcia. Il murale presenta una figura principale al di fuori dell’inquadratura delimitata dalla parete. Al centro della scena troviamo un insieme di oggetti legati alla simbologia dei principali patroni della città di Palermo appartenenti all’epoca cristina e pre-cristiana.
Nella pentola d’oro troviamo i tradizionali simboli di Santa Rosalia, Santa Cristina di Bolsena, Santa Ninfa, Santa Olivia e Santa Agata, la corona e il vaso sono invece un riferimento al Genio di Palermo, genius loci, emblema e patrono della città.
La composizione di still-life è inserita all’interno di uno spazio nero, verticale, lungo e vuoto ai bordi. Questa scelta, così come quella di inserire la grande varietà di oggetti, rappresenta una metafora sull’abbondanza ‘barocca’ di una terra fertile dove, nel corso dei secoli, molte culture si sono intrecciate ed arricchite a vicenda. Tutto ciò per sottolineare come la città di Palermo rappresenti un esempio unico di integrazione ed inclusività.
Al tempo stesso l’opera, attraverso un secondo livello di lettura, rappresenta una riflessione sui limiti del lavorare su spazi predefiniti quali sono i muri. A differenza di quanto accade su tela o su qualunque altro supporto, qui si crea un gioco di forza tra artista e supporto e l’aver lasciato tutto lo spazio nero alle estremità dell’opera rappresenta una estremizzazione di questo concetto.
Photo Credit: Mauro Filippi e Rori Palazzo