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GORGO

Felipe Pantone at Palais de Tokyo in Paris

Il mondo digitale non ha spazi, non ha barriere fisiche, è un luogo impercettibile in costante espansione, specchio diretto dei nostri tempi ed al tempo stesso, entità che ‘vive’ e ‘respira’ in modo totalmente autonomo. La velocità, le informazioni, il progresso tecnologico, scandiscono i nostri tempi cosicché l’elemento digitale influenza radicalmente quello reale e viceversa.

Nel 1982 uscì nelle sale il famoso film, poi di culto, Tron. All’epoca si trattava di una grande rivoluzione, sia per l’impatto visivo della pellicola, sia per i temi trattati. Per la prima volta non solo veniva rappresentata la realtà virtuale, ma grazie all’utilizzo massiccio della computer grafica, l’effetto era assolutamente realistico. Seppure in modo non diretto, la produzione Disney anticipava in un certo senso uno dei grandi temi di questo secolo, dando sostanza alla realtà virtuale, nella forma di un vero e proprio universo parallelo, all’interno del quale un uomo veniva letteralmente proiettato.

Non ci è possibile, se non unicamente attraverso film di fantascienza, addentrarci all’interno di questo universo. È anche vero che il rapporto dell’essere umano con il mondo digitale, si è evoluto nel corso del tempo. Le rapide scoperte tecnologiche, hanno di fatto incentivato ed accelerato un processo di costante contaminazione tra realtà e mondo virtuale a tal punto che, come detto, l’una influenza direttamente ed indirettamente l’altra. Penso ad esempio ai comportamenti degli uni con gli altri, al modo di interagire con lo spazio circostante, molto passa attraverso uno schermo che non è altro che una porta, o se preferite una finestra, verso l’universo digitale, capace di vivere e coesistere con quello tangibile che già bene conosciamo.

Il passo successivo è stato quello di tentare di unificare questi due mondi. In questo senso diverse tecnologie in fase di produzione, stanno di fatto limando la distanza tra uno e l’altro. Sentiamo spesso parlare dell’Internet of things ad esempio, Oppure viene in mente il progetto Hololens presentato recentemente da Microsoft. Si tratta di un visore capace di proiettare oggetti 3d all’interno di un contesto visivo reale, con tutte le implicazioni del caso che vanno dal gaming, all’utilizzo per lo studio, passando per qualsiasi tipo di lavoro tecnico e manuale. Insomma una vera e propria rivoluzione alle porte, l’ennesima verrebbe da pensare.

Quello che quindi era ed è un estensione della fantasia e della creatività dell’essere umano, applicata all’interno di uno spazio fittizio, in costante aumento ed ideato con lo scopo di estendere la realtà, si sta lentamente trasformando in una parte attiva e visiva del nostro quotidiano, cambiando profondamente il rapporto ed il modo in cui interagiamo con ciò che ci circonda.

C’è quindi una sovrapposizione di questi due emisferi. Appare lenta ed inesorabile, e sta portando gli elementi digitali all’interno dello spazio reale. Ed è proprio questa una prima definizione per le produzioni di Felipe Pantone.

È riduttivo pensare alla pittura dell’interprete con base a Valencia, unicamente come estemporanea rappresentazione del mondo digitale. Il suo percorso abbraccia pienamente l’epoca attuale, ponendosi come personalissima riflessione sui tempi moderni.

Felipe Pantone parte dai graffiti, sperimentando già qui un setting estetico legato al mondo digitale, la successiva evoluzione abbraccia una peculiare fascinazione astratta capace di tracciare un proprio solco, attraverso elementi e spunti del tutto inediti.

Per comprendere affondo le produzioni dell’autore Argentino bisogna anzitutto approfondire il concetto di ULTRADYNAMIC, vero e proprio manifesto, presentato dall’interprete e da Demsky333 all’interno degli spazi della Mister Pink Gallery di Valencia (Covered), dal quale bisogna partire.

Questo primo tassello compone ed applica una prima trasformazione estetica nella produzioni dell’artista. Felipe Pantone, dai graffiti, inizia la personale riflessione sul mondo digitale, riversando e gettando le basi per il successivo e personale sviluppo estetico.

L’utilizzo del computer diviene elemento di efficienza per introdurre dimensioni, volumi e forme complesse e precise. C’è la volontà di dare una forma ed una sostanza ad Internet, cogliendone gli aspetti frattali, alle sue infinite relazioni interpersonali, per alimentare uno sviluppo visivo all’interno spazio espositivo, attraverso una divulgazione e creazione artistica cosciente.

Quelle che emergono sono quindi forme improbabili, visioni distorte, eppure possibili nella loro stessa esistenza. L’artista gioca con il senso di incertezza e sorpresa, di instabilità e improvvisazione, generando figure sensoriali, ordinate e geometriche, eppure al tempo stesso caotiche, instabili e liquide, con la precisa idea di stimolare un forte senso di dinamismo e movimento appunto.

Da ciò lo spettatore diviene parte attiva, viene direttamente stimolato ad interpretare personalmente quello che ha di fronte. Le figure diventano forme percettive, tra arte e scienza, ponendosi al tempo stesso, attraverso la loro modernità liquida, come personale analogia con il senso di effimero, di usa e getta, che così fortemente sta caratterizzando questo periodo storico.

Quello che emerge è quindi un viaggio cosciente che Felipe Pantone sceglie di intraprendere insieme allo spettatore. È un dialogo dettato dall’artista e sviluppato in modo autonomo da chi osserva, in grado di suggerire quindi un senso di scoperta e di percezione ‘multistabile’.

L’interprete indaga sul tempo in cui viviamo, dove le immagini prodotte superano quelle che possono essere fruite, dove flussi di informazione crescono a ritmo esponenziale. Tutto ciò viene raccolto e filtrato attraverso un immaginario mutabile, cinetico, veloce, composto da forti contrasti, colori vivaci, capace di restituire un nuovo tipo di comprensione della società e del quotidiano. È il digitale che prende il sopravvento, definendo e diventando una nuova chiave di lettura per il reale.

La successiva ed attuale evoluzione estetica, porta Felipe Pantone a riflettere e sviluppare modi interpretativi attraverso i quali coniugare e sviluppare il personale dialogo con lo spettatore. In “Stereodynamica” ad esempio, esibizione ospitata negli spazi della Backwoods Gallery (Covered), l’interprete indaga sul senso di terza dimensione. Pantone ‘bagna’ le sue produzioni con corposi effetti ottici attraverso i quali, allo sguardo fisso dello spettatore, corrisponde un immagine che comincia a prendere forma in base a percezioni del tutto soggettive.

Appare chiara quindi l’intenzione di proporre un estetica intrisa di linguaggi differenti, tra scienza, matematica e pittura, con l’artista che sta mano a mano sviluppando un personale campionario di sistemi complessi, scanditi e plasmati da forme e figure eterogenee, capaci di sovvertire il rigore e la piattezza dei tempi moderni.

Nell’immaginario di Felipe Pantone è l’impossibile che prende forma e sostanza, appare vero, richiama un reminiscenze figlie degli anni ’80 e ’90, in un caotico sovrapporsi di textures differenti, glitch, bug, pattern e visioni allucinogene in grado di avvolgere e stimolare chi osserva. Le forme dell’autore appaiono in movimento, liquide, nel loro variare in base alle sensazioni e stati d’animo del momento.

Quello che stupisce è la capacità dell’artista di rompere lo spazio, accartocciare e dilatare la realtà, per far posto a sistemi di immagini complesse che risultano reali e possibili. Lo spazio viene frantumato dalla presenza di questi giganteschi errori digitali capaci di assumere un significato differente in base a chi osserva. Emerge una realtà del tutto inaspettata, possibile per la sua stessa esistenza, in grado di sublimare le differenti fragilità e controversie della società moderna.

Recentemente Felipe Pantone è stato invitato a prendere parte ai lavori per il Lasco Project organizzato dal Palais de Tokyo e curato da Hugo Vitrani.
L’opera realizzata dall’artista Argentino prende vita direttamente all’interno del gigantesco Duplex A86 Tunnel. Circa 4000 m2, direttamente nella zona sottostante il Palais de Tokyo, non accessibile al pubblico e soprannominata “Cathédrale de béton” (cattedrale di cemento).
In questa particolare location Felipe Pantone presenta “Data Somersault”, opera che probabilmente raccoglie al meglio tutta l’esperienza visiva e tematica portata fin qui avanti dall’autore.

Con a disposizione uno spazio di questa portata, l’artista sceglie un impostazione del tutto immersiva andando a plasmare una vera e propria breccia nella realtà monotona, grigia e piatta dell’ambiente. Pantone si serve qui di tutti i tipici sistemi pittorici che accompagnano la sua produzione. Ritroviamo glitch e bug, fluttuazioni di forme, textures, effetti ottici come alterazioni della prospettiva e della dimensione, effetti gradienti, pattern. Quello che emerge è un incessante calderone dinamiche di visioni capaci di plasmare una realtà alternativa, con l’artista che ci guida all’interno di questa, lasciando a noi il compito di interpretare personalmente ed attraverso le nostre percezioni, la vista dinamica e digitale che abbiamo di fronte.

Pics by The Artist

Felipe Pantone at Palais de Tokyo in Paris

Il mondo digitale non ha spazi, non ha barriere fisiche, è un luogo impercettibile in costante espansione, specchio diretto dei nostri tempi ed al tempo stesso, entità che ‘vive’ e ‘respira’ in modo totalmente autonomo. La velocità, le informazioni, il progresso tecnologico, scandiscono i nostri tempi cosicché l’elemento digitale influenza radicalmente quello reale e viceversa.

Nel 1982 uscì nelle sale il famoso film, poi di culto, Tron. All’epoca si trattava di una grande rivoluzione, sia per l’impatto visivo della pellicola, sia per i temi trattati. Per la prima volta non solo veniva rappresentata la realtà virtuale, ma grazie all’utilizzo massiccio della computer grafica, l’effetto era assolutamente realistico. Seppure in modo non diretto, la produzione Disney anticipava in un certo senso uno dei grandi temi di questo secolo, dando sostanza alla realtà virtuale, nella forma di un vero e proprio universo parallelo, all’interno del quale un uomo veniva letteralmente proiettato.

Non ci è possibile, se non unicamente attraverso film di fantascienza, addentrarci all’interno di questo universo. È anche vero che il rapporto dell’essere umano con il mondo digitale, si è evoluto nel corso del tempo. Le rapide scoperte tecnologiche, hanno di fatto incentivato ed accelerato un processo di costante contaminazione tra realtà e mondo virtuale a tal punto che, come detto, l’una influenza direttamente ed indirettamente l’altra. Penso ad esempio ai comportamenti degli uni con gli altri, al modo di interagire con lo spazio circostante, molto passa attraverso uno schermo che non è altro che una porta, o se preferite una finestra, verso l’universo digitale, capace di vivere e coesistere con quello tangibile che già bene conosciamo.

Il passo successivo è stato quello di tentare di unificare questi due mondi. In questo senso diverse tecnologie in fase di produzione, stanno di fatto limando la distanza tra uno e l’altro. Sentiamo spesso parlare dell’Internet of things ad esempio, Oppure viene in mente il progetto Hololens presentato recentemente da Microsoft. Si tratta di un visore capace di proiettare oggetti 3d all’interno di un contesto visivo reale, con tutte le implicazioni del caso che vanno dal gaming, all’utilizzo per lo studio, passando per qualsiasi tipo di lavoro tecnico e manuale. Insomma una vera e propria rivoluzione alle porte, l’ennesima verrebbe da pensare.

Quello che quindi era ed è un estensione della fantasia e della creatività dell’essere umano, applicata all’interno di uno spazio fittizio, in costante aumento ed ideato con lo scopo di estendere la realtà, si sta lentamente trasformando in una parte attiva e visiva del nostro quotidiano, cambiando profondamente il rapporto ed il modo in cui interagiamo con ciò che ci circonda.

C’è quindi una sovrapposizione di questi due emisferi. Appare lenta ed inesorabile, e sta portando gli elementi digitali all’interno dello spazio reale. Ed è proprio questa una prima definizione per le produzioni di Felipe Pantone.

È riduttivo pensare alla pittura dell’interprete con base a Valencia, unicamente come estemporanea rappresentazione del mondo digitale. Il suo percorso abbraccia pienamente l’epoca attuale, ponendosi come personalissima riflessione sui tempi moderni.

Felipe Pantone parte dai graffiti, sperimentando già qui un setting estetico legato al mondo digitale, la successiva evoluzione abbraccia una peculiare fascinazione astratta capace di tracciare un proprio solco, attraverso elementi e spunti del tutto inediti.

Per comprendere affondo le produzioni dell’autore Argentino bisogna anzitutto approfondire il concetto di ULTRADYNAMIC, vero e proprio manifesto, presentato dall’interprete e da Demsky333 all’interno degli spazi della Mister Pink Gallery di Valencia (Covered), dal quale bisogna partire.

Questo primo tassello compone ed applica una prima trasformazione estetica nella produzioni dell’artista. Felipe Pantone, dai graffiti, inizia la personale riflessione sul mondo digitale, riversando e gettando le basi per il successivo e personale sviluppo estetico.

L’utilizzo del computer diviene elemento di efficienza per introdurre dimensioni, volumi e forme complesse e precise. C’è la volontà di dare una forma ed una sostanza ad Internet, cogliendone gli aspetti frattali, alle sue infinite relazioni interpersonali, per alimentare uno sviluppo visivo all’interno spazio espositivo, attraverso una divulgazione e creazione artistica cosciente.

Quelle che emergono sono quindi forme improbabili, visioni distorte, eppure possibili nella loro stessa esistenza. L’artista gioca con il senso di incertezza e sorpresa, di instabilità e improvvisazione, generando figure sensoriali, ordinate e geometriche, eppure al tempo stesso caotiche, instabili e liquide, con la precisa idea di stimolare un forte senso di dinamismo e movimento appunto.

Da ciò lo spettatore diviene parte attiva, viene direttamente stimolato ad interpretare personalmente quello che ha di fronte. Le figure diventano forme percettive, tra arte e scienza, ponendosi al tempo stesso, attraverso la loro modernità liquida, come personale analogia con il senso di effimero, di usa e getta, che così fortemente sta caratterizzando questo periodo storico.

Quello che emerge è quindi un viaggio cosciente che Felipe Pantone sceglie di intraprendere insieme allo spettatore. È un dialogo dettato dall’artista e sviluppato in modo autonomo da chi osserva, in grado di suggerire quindi un senso di scoperta e di percezione ‘multistabile’.

L’interprete indaga sul tempo in cui viviamo, dove le immagini prodotte superano quelle che possono essere fruite, dove flussi di informazione crescono a ritmo esponenziale. Tutto ciò viene raccolto e filtrato attraverso un immaginario mutabile, cinetico, veloce, composto da forti contrasti, colori vivaci, capace di restituire un nuovo tipo di comprensione della società e del quotidiano. È il digitale che prende il sopravvento, definendo e diventando una nuova chiave di lettura per il reale.

La successiva ed attuale evoluzione estetica, porta Felipe Pantone a riflettere e sviluppare modi interpretativi attraverso i quali coniugare e sviluppare il personale dialogo con lo spettatore. In “Stereodynamica” ad esempio, esibizione ospitata negli spazi della Backwoods Gallery (Covered), l’interprete indaga sul senso di terza dimensione. Pantone ‘bagna’ le sue produzioni con corposi effetti ottici attraverso i quali, allo sguardo fisso dello spettatore, corrisponde un immagine che comincia a prendere forma in base a percezioni del tutto soggettive.

Appare chiara quindi l’intenzione di proporre un estetica intrisa di linguaggi differenti, tra scienza, matematica e pittura, con l’artista che sta mano a mano sviluppando un personale campionario di sistemi complessi, scanditi e plasmati da forme e figure eterogenee, capaci di sovvertire il rigore e la piattezza dei tempi moderni.

Nell’immaginario di Felipe Pantone è l’impossibile che prende forma e sostanza, appare vero, richiama un reminiscenze figlie degli anni ’80 e ’90, in un caotico sovrapporsi di textures differenti, glitch, bug, pattern e visioni allucinogene in grado di avvolgere e stimolare chi osserva. Le forme dell’autore appaiono in movimento, liquide, nel loro variare in base alle sensazioni e stati d’animo del momento.

Quello che stupisce è la capacità dell’artista di rompere lo spazio, accartocciare e dilatare la realtà, per far posto a sistemi di immagini complesse che risultano reali e possibili. Lo spazio viene frantumato dalla presenza di questi giganteschi errori digitali capaci di assumere un significato differente in base a chi osserva. Emerge una realtà del tutto inaspettata, possibile per la sua stessa esistenza, in grado di sublimare le differenti fragilità e controversie della società moderna.

Recentemente Felipe Pantone è stato invitato a prendere parte ai lavori per il Lasco Project organizzato dal Palais de Tokyo e curato da Hugo Vitrani.
L’opera realizzata dall’artista Argentino prende vita direttamente all’interno del gigantesco Duplex A86 Tunnel. Circa 4000 m2, direttamente nella zona sottostante il Palais de Tokyo, non accessibile al pubblico e soprannominata “Cathédrale de béton” (cattedrale di cemento).
In questa particolare location Felipe Pantone presenta “Data Somersault”, opera che probabilmente raccoglie al meglio tutta l’esperienza visiva e tematica portata fin qui avanti dall’autore.

Con a disposizione uno spazio di questa portata, l’artista sceglie un impostazione del tutto immersiva andando a plasmare una vera e propria breccia nella realtà monotona, grigia e piatta dell’ambiente. Pantone si serve qui di tutti i tipici sistemi pittorici che accompagnano la sua produzione. Ritroviamo glitch e bug, fluttuazioni di forme, textures, effetti ottici come alterazioni della prospettiva e della dimensione, effetti gradienti, pattern. Quello che emerge è un incessante calderone dinamiche di visioni capaci di plasmare una realtà alternativa, con l’artista che ci guida all’interno di questa, lasciando a noi il compito di interpretare personalmente ed attraverso le nostre percezioni, la vista dinamica e digitale che abbiamo di fronte.

Pics by The Artist