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GORGO

SBAGLIATO for Creature Festival in Lodi

Avete presente quelle domande complesse? Quelle riflessioni che per la loro profondità richiedono un cospicuo dispendio di energie mentali e che, spesso e volentieri, preferiamo non affrontare, coscienti che è un eventuale risposta, vada a sfociare inevitabilmente in intriganti e filosofeggianti sentenze?

Devo ammettere che è un po’ che rifletto sul senso e sul significato di realtà. Mi son chiesto se forse ciò che interpreto per me come realtà, non sia altro che una serie di consuetudini, elementi fisici ed interpretazioni di ciò che mi circonda, da parte della mia stessa mente. Partendo da questo inevitabilmente ciò che per me è ‘realtà’, per qualcun altro è un fattore esterno, che non viene preso in considerazione, trasformando quindi il mio senso di realtà, in qualcosa di personale. Strettamente legato alla mia persona, alle mie esperienze, gusti e pensieri.

Esistono però dei punti fermi, degli appigli visivi che modellano e tracciano l’aspetto del nostro personale universo. Sono forme, architetture ed oggetti immutabili e che quindi, per la loro stessa natura, diventano comuni a chiunque. Riempiono la città, offrono un contesto che solo, e successivamente, attraverso le nostre percezioni ed emozioni viene alterato dal punto di vista emozionale, ma non visivo. Si tratta quindi di una realtà fisica, tangibile, che non può in alcun modo essere modifica da elementi e fattori personali. Ma non ne sono più così certo.

Ho scritto e parlato di SBAGLIATO innumerevoli volte. Avrei potuto scegliere per questo editoriale uno dei loro lavori su grande dimensione, cogliendone il forte impatto quindi, crogiolandomi sulle dimensioni massive, e sullo sforzo ed il processo artistico compiuto. Ho pensato invece di parlarne attraverso un lavoro più contenuto, di dimensioni più piccole, maggiormente personale, ma che senza alcun dubbio, a parer mio, rappresenta l’anima e core centrale dell’esperienza artistica che il gruppo romano sta portando avanti in questi anni.

Riflettevo sul senso di realtà emotiva e tangibile, e di come quest’ultima rappresenti il contenitore della prima. Ma se invece i poli si invertissero? Se piuttosto all’interno del tessuto urbano fosse applicata una forze esterna? Un impeto in grado di cambiare, sconvolgendone, il senso della realtà, offrendoci una realtà differente. Parte da qui l’attrazione per le produzioni di SBAGLIATO, gli autori attraverso le loro installazioni trasformano attivamente lo spazio urbano, ponendo all’interno dello stesso dei cortocircuiti, delle fratture, che vengono evidenziate in particolare da coloro che vivono e respirano queste realtà.

Immaginatevi per strada, diretti al lavoro ad esempio. Tutti i giorni la stessa strada alla stessa ora, conoscete la conformità della pavimentazione oramai, conoscete perfino le persone che vi si parano di fronte in questo tragitto, così come gli elementi che ne compongono lo spazio. Uno ad uno i vostri segnali, la vostra personale realtà, vi vengono incontro. A questo punto c’è un dettaglio che vi colpisce, una fessura, un qualcosa di differente che fino a ieri non c’era, o forse vi è sfuggito, ma ciò non è possibile, è un immagine in grado di far crollare qualsiasi certezza, qualsiasi schema rigido, riportando il caos laddove di fatto, non è mai stato neppure contemplato.

Ecco la scintilla.

Me lo immagino così il passante ignaro che si imbatte in qualcosa di SBAGLIATO – no il gioco di parole non è affatto casuale – che viene sorpreso e si ritrova, una volta compreso ciò che ha di fronte, con un sorriso, con una nuova identità per la sua personalissima realtà. Una modifica quindi, una nuova e cosciente parte attiva che attrae, sconvolge e altera lo spazio cittadino, una modifica ma non una negazione. In modo armonico questa si inserisce assecondando gli elementi già presenti, ed al tempo stesso, ricavando una propria identità ed unicità.

Le fratture visive degli autori hanno avuto nel corso del tempo forme e conformazioni differenti. Denominatore comune è la volontà di raccogliere l’eredità della strada. Non si tratta di immagini fittizie, quanto piuttosto di un vero e proprio campionamento di architetture, forme ed elementi appartenenti all’ambiente urbano. Da qui segue la volontà di reinterpretare la realtà, inserendo all’interno di un differente tessuto cittadino, qualcosa di vero. Una nuova possibilità estetica che pone in luoghi possibili, elementi possibili. Dove prima era presente una parete spoglia ed anonima, sorge ora l’ingresso di un giardino, dove prima un muro grigio accompagnava la vista fino alla fine del marciapiede, ecco comparire finestre e davanzali.

Si tratta quindi di una finzione visiva che poggia però le proprie basi estetiche su elementi assolutamente reali. Grazie a questo funziona. Grazie alla capacità degli interpreti di interagire al meglio con lo spot, di inserire nello stesso qualcosa che sia al tempo stesso possibile che si trovi li, e contemporaneamente capace di sorprendere coloro che ben conosco questo spazio.

In questo contesto la linea che divide quindi la realtà tangibile da quella emotiva e decisamente sottile. Ma andiamo con ordine.

L’intelligenza degli autori è stata quella di non soffermarsi unicamente ad una riproduzione seriale, le campionature sono anzitutto sempre differenti, ma soprattutto assecondare questa metodologia lavorativa, questo processo ideologico, che accompagna le loro produzioni. Quella che emerge non è una ricerca del ‘colpo a sensazione’, quanto piuttosto una attenta evoluzione dell’alfabeto visivo fin qui proposto. La conseguenza di tutto ciò è un livello di interazione maggiore, tra opera e spettatore, un livello di cripticità e di ‘inganno sensoriale’ decisamente amplificati.

Le continue sperimentazioni hanno portato SBAGLIATO ad interagire in modo differente con lo spazio urbano. È importante sottolineare come in particolare c’è la volontà di aprire veri e propri varchi dimensionali.

La dimensione delle loro opere, trattandosi di immagini su carta, è inevitabilmente legata al 2D. Questo limite intrinseco viene letteralmente scansato attraverso una ricerca dello spot, e soprattutto attraverso le immagini con cui lo stesso viene trasformato. Una semplice parete diviene ideale spazio per porre al suo interno l’inizio di porticato, la porta semi aperta per un giardino nascosto, il sottopassaggio di un treno.

A cambiare è quindi l’aspetto dimensionale e la profondità delle opere. Gli artisti rompono le barriere, proiettando il passante e lo spettatore, all’interno di una nuova realtà, una nuovo tipo di percezione che sappiamo impossibile, ma che per la sua natura così reale e perfetta nella sua intrinseca collocazione, ci appare possibile. C’è un senso di attrazione magnetica per questi luoghi impossibili, la volontà di attraversarne lo spazio, di evadere dalla realtà schematica, programma e noiosa che ci accompagna giorno per giorno.

Il senso di nuovo ed inesplorato, il mistero che si cela dietro questi cunicoli appena accennati, è un canto di sirena che ci ammalia, accompagna la vista, induce nella tentazione di voler assecondare questa realtà, che diviene ora parte del nostro mondo. Da impossibile, sbagliata ed irreale, diviene possibile, armonica e reale, legandosi alle nostre sensazioni, alla naturale curiosità dell’essere umano verso l’ignoto e la scoperta.

L’operato di SBAGLIATO è di quelli epidermici. Appare infatti complesso distinguere fin dove l’irreale e la finzione possono spingersi, dove la realtà travalica l’immaginato. Lo sguardo, le percezioni ed i pensieri si muovono rapidamente all’interno dello scenario imbastito dagli autori. Risulta naturale e coerente, cosicché la mente viene ingannata, laddove appare difficile delimitare l’azione percettiva di queste fratture visive.

In questo meccanismo complesso appare chiaro come la strada e lo spazio urbano non siano unicamente un semplice palcoscenico. La città diviene principale ispirazione ed al tempo stesso protagonista. Contemporaneamente emerge una riflessione sulla condizione dell’uomo moderno, sul suo vivere all’interno di colossi in cemento e calce, all’interno di zone urbane soffocanti, identiche, strutturate e schematizzate. Un conforto fragile che proprio attraverso le produzioni degli interpreti romani, vive un momento di quiete. La realtà viene plasmata e rielaborata, esistono infiniti mondi immaginati, varchi da percorre con la mente, nuovi mondi e dimensioni.

C’è la volontà di proporre un momento di estraniazione totale, di viaggio percettivo ed introspettivo da accogliere ed assecondare, la magia più bella, dalla quale inevitabilmente non vogliamo staccarci.

Questo, fin qui, inedito lavoro di SBAGLIATO, realizzato a Lodi durante i giorni dell’ottimo Creature Festival, ben rappresenta e raccoglie l’eredità tecnica ed estetica degli artisti. La dimensione dell’opera ha un senso più personale. Gli autori giocano con la profondità dello spazio immettendo l’immagine di un grande portone in ferro aperto che cela al proprio interno un nuovo varco. Ancora una volta a cavallo tra realtà immaginata e percepita, l’opera appare parte stessa del panorama, al quale si lega, diventando possibile e percorribile, producendo un opportunità inaspettata e tremendamente reale.

Thanks to The Artists for the Pics
Pics by TheBlindEyeFactory

SBAGLIATO for Creature Festival in Lodi

Avete presente quelle domande complesse? Quelle riflessioni che per la loro profondità richiedono un cospicuo dispendio di energie mentali e che, spesso e volentieri, preferiamo non affrontare, coscienti che è un eventuale risposta, vada a sfociare inevitabilmente in intriganti e filosofeggianti sentenze?

Devo ammettere che è un po’ che rifletto sul senso e sul significato di realtà. Mi son chiesto se forse ciò che interpreto per me come realtà, non sia altro che una serie di consuetudini, elementi fisici ed interpretazioni di ciò che mi circonda, da parte della mia stessa mente. Partendo da questo inevitabilmente ciò che per me è ‘realtà’, per qualcun altro è un fattore esterno, che non viene preso in considerazione, trasformando quindi il mio senso di realtà, in qualcosa di personale. Strettamente legato alla mia persona, alle mie esperienze, gusti e pensieri.

Esistono però dei punti fermi, degli appigli visivi che modellano e tracciano l’aspetto del nostro personale universo. Sono forme, architetture ed oggetti immutabili e che quindi, per la loro stessa natura, diventano comuni a chiunque. Riempiono la città, offrono un contesto che solo, e successivamente, attraverso le nostre percezioni ed emozioni viene alterato dal punto di vista emozionale, ma non visivo. Si tratta quindi di una realtà fisica, tangibile, che non può in alcun modo essere modifica da elementi e fattori personali. Ma non ne sono più così certo.

Ho scritto e parlato di SBAGLIATO innumerevoli volte. Avrei potuto scegliere per questo editoriale uno dei loro lavori su grande dimensione, cogliendone il forte impatto quindi, crogiolandomi sulle dimensioni massive, e sullo sforzo ed il processo artistico compiuto. Ho pensato invece di parlarne attraverso un lavoro più contenuto, di dimensioni più piccole, maggiormente personale, ma che senza alcun dubbio, a parer mio, rappresenta l’anima e core centrale dell’esperienza artistica che il gruppo romano sta portando avanti in questi anni.

Riflettevo sul senso di realtà emotiva e tangibile, e di come quest’ultima rappresenti il contenitore della prima. Ma se invece i poli si invertissero? Se piuttosto all’interno del tessuto urbano fosse applicata una forze esterna? Un impeto in grado di cambiare, sconvolgendone, il senso della realtà, offrendoci una realtà differente. Parte da qui l’attrazione per le produzioni di SBAGLIATO, gli autori attraverso le loro installazioni trasformano attivamente lo spazio urbano, ponendo all’interno dello stesso dei cortocircuiti, delle fratture, che vengono evidenziate in particolare da coloro che vivono e respirano queste realtà.

Immaginatevi per strada, diretti al lavoro ad esempio. Tutti i giorni la stessa strada alla stessa ora, conoscete la conformità della pavimentazione oramai, conoscete perfino le persone che vi si parano di fronte in questo tragitto, così come gli elementi che ne compongono lo spazio. Uno ad uno i vostri segnali, la vostra personale realtà, vi vengono incontro. A questo punto c’è un dettaglio che vi colpisce, una fessura, un qualcosa di differente che fino a ieri non c’era, o forse vi è sfuggito, ma ciò non è possibile, è un immagine in grado di far crollare qualsiasi certezza, qualsiasi schema rigido, riportando il caos laddove di fatto, non è mai stato neppure contemplato.

Ecco la scintilla.

Me lo immagino così il passante ignaro che si imbatte in qualcosa di SBAGLIATO – no il gioco di parole non è affatto casuale – che viene sorpreso e si ritrova, una volta compreso ciò che ha di fronte, con un sorriso, con una nuova identità per la sua personalissima realtà. Una modifica quindi, una nuova e cosciente parte attiva che attrae, sconvolge e altera lo spazio cittadino, una modifica ma non una negazione. In modo armonico questa si inserisce assecondando gli elementi già presenti, ed al tempo stesso, ricavando una propria identità ed unicità.

Le fratture visive degli autori hanno avuto nel corso del tempo forme e conformazioni differenti. Denominatore comune è la volontà di raccogliere l’eredità della strada. Non si tratta di immagini fittizie, quanto piuttosto di un vero e proprio campionamento di architetture, forme ed elementi appartenenti all’ambiente urbano. Da qui segue la volontà di reinterpretare la realtà, inserendo all’interno di un differente tessuto cittadino, qualcosa di vero. Una nuova possibilità estetica che pone in luoghi possibili, elementi possibili. Dove prima era presente una parete spoglia ed anonima, sorge ora l’ingresso di un giardino, dove prima un muro grigio accompagnava la vista fino alla fine del marciapiede, ecco comparire finestre e davanzali.

Si tratta quindi di una finzione visiva che poggia però le proprie basi estetiche su elementi assolutamente reali. Grazie a questo funziona. Grazie alla capacità degli interpreti di interagire al meglio con lo spot, di inserire nello stesso qualcosa che sia al tempo stesso possibile che si trovi li, e contemporaneamente capace di sorprendere coloro che ben conosco questo spazio.

In questo contesto la linea che divide quindi la realtà tangibile da quella emotiva e decisamente sottile. Ma andiamo con ordine.

L’intelligenza degli autori è stata quella di non soffermarsi unicamente ad una riproduzione seriale, le campionature sono anzitutto sempre differenti, ma soprattutto assecondare questa metodologia lavorativa, questo processo ideologico, che accompagna le loro produzioni. Quella che emerge non è una ricerca del ‘colpo a sensazione’, quanto piuttosto una attenta evoluzione dell’alfabeto visivo fin qui proposto. La conseguenza di tutto ciò è un livello di interazione maggiore, tra opera e spettatore, un livello di cripticità e di ‘inganno sensoriale’ decisamente amplificati.

Le continue sperimentazioni hanno portato SBAGLIATO ad interagire in modo differente con lo spazio urbano. È importante sottolineare come in particolare c’è la volontà di aprire veri e propri varchi dimensionali.

La dimensione delle loro opere, trattandosi di immagini su carta, è inevitabilmente legata al 2D. Questo limite intrinseco viene letteralmente scansato attraverso una ricerca dello spot, e soprattutto attraverso le immagini con cui lo stesso viene trasformato. Una semplice parete diviene ideale spazio per porre al suo interno l’inizio di porticato, la porta semi aperta per un giardino nascosto, il sottopassaggio di un treno.

A cambiare è quindi l’aspetto dimensionale e la profondità delle opere. Gli artisti rompono le barriere, proiettando il passante e lo spettatore, all’interno di una nuova realtà, una nuovo tipo di percezione che sappiamo impossibile, ma che per la sua natura così reale e perfetta nella sua intrinseca collocazione, ci appare possibile. C’è un senso di attrazione magnetica per questi luoghi impossibili, la volontà di attraversarne lo spazio, di evadere dalla realtà schematica, programma e noiosa che ci accompagna giorno per giorno.

Il senso di nuovo ed inesplorato, il mistero che si cela dietro questi cunicoli appena accennati, è un canto di sirena che ci ammalia, accompagna la vista, induce nella tentazione di voler assecondare questa realtà, che diviene ora parte del nostro mondo. Da impossibile, sbagliata ed irreale, diviene possibile, armonica e reale, legandosi alle nostre sensazioni, alla naturale curiosità dell’essere umano verso l’ignoto e la scoperta.

L’operato di SBAGLIATO è di quelli epidermici. Appare infatti complesso distinguere fin dove l’irreale e la finzione possono spingersi, dove la realtà travalica l’immaginato. Lo sguardo, le percezioni ed i pensieri si muovono rapidamente all’interno dello scenario imbastito dagli autori. Risulta naturale e coerente, cosicché la mente viene ingannata, laddove appare difficile delimitare l’azione percettiva di queste fratture visive.

In questo meccanismo complesso appare chiaro come la strada e lo spazio urbano non siano unicamente un semplice palcoscenico. La città diviene principale ispirazione ed al tempo stesso protagonista. Contemporaneamente emerge una riflessione sulla condizione dell’uomo moderno, sul suo vivere all’interno di colossi in cemento e calce, all’interno di zone urbane soffocanti, identiche, strutturate e schematizzate. Un conforto fragile che proprio attraverso le produzioni degli interpreti romani, vive un momento di quiete. La realtà viene plasmata e rielaborata, esistono infiniti mondi immaginati, varchi da percorre con la mente, nuovi mondi e dimensioni.

C’è la volontà di proporre un momento di estraniazione totale, di viaggio percettivo ed introspettivo da accogliere ed assecondare, la magia più bella, dalla quale inevitabilmente non vogliamo staccarci.

Questo, fin qui, inedito lavoro di SBAGLIATO, realizzato a Lodi durante i giorni dell’ottimo Creature Festival, ben rappresenta e raccoglie l’eredità tecnica ed estetica degli artisti. La dimensione dell’opera ha un senso più personale. Gli autori giocano con la profondità dello spazio immettendo l’immagine di un grande portone in ferro aperto che cela al proprio interno un nuovo varco. Ancora una volta a cavallo tra realtà immaginata e percepita, l’opera appare parte stessa del panorama, al quale si lega, diventando possibile e percorribile, producendo un opportunità inaspettata e tremendamente reale.

Thanks to The Artists for the Pics
Pics by TheBlindEyeFactory