SBAGLIATO at Galleria Toselli (Recap)
Aperta lo scorso mese andiamo a dare finalmente uno sguardo approfondito a bel solo show aperto da SBAGLIATO all’interno degli spazi della Galleria Toselli di Milano.
Quest’esibizione rappresenta anzitutto l’opportunità per tornare ad approfondire il lavoro degli artisti e sopratutto vedere come, calate all’interno di un contesto completamente differente, le produzioni degli stessi mantengano comunque una loro identità. Come abbiamo spesso avuto modo di sottolineare la personalità delle produzioni di SBAGLIATO é certamente legata al contesto urbano, cuore e principale interlocutore risulta quindi essere la strada con la quale gli interpreti tessono un dialogo forte ed approfondito. Le opere rappresentano l’opportunità di una evasione dal contesto cittadino, aprono nuovi varchi visivi in grado i generare spazi del tutto nuovi che, attraverso la grande realisticitá con la quale si presentano al pubblico, ne eludono sensazioni e percezioni. Come nei migliori romanzi thriller, l’inganno migliore é quello che attecchisce e raccoglie stimoli reali, per questo non stupisce la grande capacità di coinvolgere chi osserva. Le opere si mostrano vive, reali, rappresentano frammenti raccolti dalla strada, elaborati e ricollocati in funzione di un adattamento quanto più reale possibile. Le finestre, le insenature, le porte, i cornicioni, gli ingressi dismessi, tutto ciò che appartiene al corredo urbano, all’identità della città viene riproposto all’interno di pareti ed architetture in grado di accoglierli al meglio.
Chi si trova a contatto con le produzioni degli artisti rimane così bloccato, attraversato da una scossa, in cui appare difficile distinguere fin dove può spingersi la finzione, fin dove la realtà travalica l’immaginazione. Il pensiero galoppa all’interno di uno scenario vero, naturale e coerente, la mente viene ingannata finché appare più difficile delimitare la linea immaginaria tra vero ed irreale.
Il legame quindi che intercorre tra la strada e gli interpreti rappresenta un idillio. Lo spazio urbano non é unicamente un palcoscenico o meglio é il teatro dove emergono gli stimoli visivi degli autori, ma al tempo stesso é fonte stessa di ispirazione. Un dare avere capace di prendersi gioco dell’essere umano sottolinenando come quest’ultimo, sia sempre più prigioniero della propria cattedrale dorata. Il lavoro d SBAGLIATO ne punzecchia le sensibilità offrendo un momento di estraniazione, un varco percettivo da accogliere e da incoraggiare, ed é forse questa la magia più bella.
Lo show é quindi occasione per vedere proiettati varchi e stimoli differenti, lo spazio chiuso della galleria diviene ideale connettore capace di accogliere varchi e passaggi nuovi. Una fuga che ci conduce verso vicoli sconosciuti, appena intravisti, tra tende leggermente spostate, tra griglie che i separano dall’oscuro, tra i riflessi delle finestre, un mondo nel mondo. Gli autori ci lasciano immersi nel silenzio, stimolano il valore percettivo di un immagine sbagliata appunto, non dovrebbe trovarsi lì ma al tempo stesso ci offrono un input, giocano con esso, e lo spettatore non puó fare altro che assecondare la propria fantasia.
Null’altro da aggiungere, in calce al nostro testo piuttosto una bella e ricca serie di scatti con tutti i dettagli di quest’ultima fatica realizzata dagli autori. Dateci un occhiata siamo certi infatti che ne li come noi non mancherete d apprezzare, se vi trovate in zona, infine, c’è tempo fino al prossimo 17 di gennaio per andare a darci un occhiata di persona.
L’architettura rallenta come la luna, lo spazio ha un leggero smarrimento, l’immagine cambia le regole della percezione. E’ il ritorno del trompe l’oeil dopo l’anno 2000 con altre funzioni e nuove tecniche. Non è più l’isola felice dell’Arcimboldo alla corte di Vienna. Il trompe l’oeil di Sbagliato ha lo stupore di un’immagine aliena, non riconosciuta nel tessuto urbano di una città smarrita. Sbagliato apre una finestra sull’arte contemporanea e penso alle barricate di Delacroix con la bandiera, la luce accesa di un treno in corsa, un campanello che scuote il cervello assopito dai dormiveglia di immagini spente. L’unica architettura senza finestre è l’ultima dimora. Per Gio Ponti la finestra era un idillio, un sorriso lungo i muri. Per una galleria che nel 1973 ha sradicato i muri, le finestre sono la terra promessa, una breccia trasparente senza divieti. Città Ideale. Bisogna consegnare le chiavi della città agli artisti. Per ora le chiavi della galleria. – Franco Toselli
Thanks to The Artists for The Pics
Pics by Angelo Jaroszuk Bogasz