fbpx
GORGO

Il murale di 2501 a Milano dedicato a Lama Gangchen Tulku Rinpoche

Nel percorso spirituale e culturale del Tibet ed all’interno del tantrismo buddista è fondamentale la figura del guru. Il maestro è colui che comprende la psiche dei suoi discepoli, impartendo loro la necessaria iniziazione per risvegliarne il potenziale illuminato, eliminando qualsiasi ostacolo etico o cognitivo lungo il sentiero.

Lama Gangchen Tulku Rinpoche nasce nel 1941 a Dakshu, un piccolo villaggio del Tibet occidentale. A cinque anni entra nel Monastero di Gangchen, come novizio nella scuola dei Gelug. All’età di dodici anni riceve il titolo medico e filosofico di Kachen (normalmente conseguito dopo almeno venti anni di studi), mentre tra i tredici ed i diciotto anni prosegue i suoi studi presso le due più importanti università monastiche del Tibet (Sera Me e Tashi Lhumpo) e nei monasteri di Tropu e Neutsong.

Con l’invasione del Tibet da parte della Repubblica Popolare Cinese, a cavallo degli anni cinquanta, Lama Gangchen Tulku Rinpoche, venne imprigionato e costretto ai lavori forzati.
Nel 1963, riuscì a raggiungere l’India iniziando a lavorare come Lama guaritore presso le comunità tibetane ivi presenti, diventando inoltre medico della famiglia reale. Successivamente, nel 1981 inizia il suo viaggio per il mondo, insegnando varie pratiche di meditazione e concetti legati all’educazione alla pace interiore e alla cura dell’ambiente.
Nel 1985 arriva in Italia, ivi stabilendosi e insegnando presso vari istituti buddisti e fondando due sedi per gli insegnamenti buddisti: uno a Milano e l’altro a Bée in Piemonte, dove si è trasferito nel 1999.

I suoi insegnamenti fanno tutti perno sulle concezioni della filosofia buddhista vajrayana e dell’antica tradizione medica e di guarigione himalayane basate sui Quattro Tantra Medici.
Lama Gangchen Tulku Rinpoche ebbe modo di riflettere su come nella società occidentale fossero venuti a mancare i valori spirituali e su come questi fossero stati sostituiti dal consumismo e dalla competizione.
Da qui elaborò il concetto di “educazione non-formale”, un insieme di insegnamenti rivolti alla corretta gestione delle emozioni, della psiche e della capacità razionali, da affiancare a all’educazione formale, identificata con tutto ciò che viene insegnato dal sistema scolastico dei diversi paesi.

Lama Gangchen Tulku Rinpoche si è spento all’età di 78 anni e questo suo passaggio nel mondo ha lasciato una traccia indelebile nel cuore di molti. Tra questi l’artista italiano 2501 che ha recentemente realizzato nel quartiere Repubblica a Milano un nuovo murale interamente dedicato alla sua figura.
Discepolo del guru da oltre 20 anni, 2501 ha dipinto il nodo eterno – un simbolo molto importante per la cultura buddista e parte degli otto simboli di buon auspicio – come rappresentazione della saggezza e della compassione, due delle virtù che il maestro incarnava.

L’opera-tributo fa parte di una nuova serie di lavori di 2501 incentrati sull’esplorazione dell’iconografia sacra tibetana e sull’utilizzo dei colori. L’artista è solito infatti lavorare unicamente attraverso il bianco e il nero, quest’opera prosegue quindi su quanto visto alcuni mesi fa su una piccola parete a Los Angeles.

Il murale è visibile su Via Marco Polo a Milano

Grazie a Giovanni Candida / WallsOfMilano per le fotografie

Il murale di 2501 a Milano dedicato a Lama Gangchen Tulku Rinpoche

Nel percorso spirituale e culturale del Tibet ed all’interno del tantrismo buddista è fondamentale la figura del guru. Il maestro è colui che comprende la psiche dei suoi discepoli, impartendo loro la necessaria iniziazione per risvegliarne il potenziale illuminato, eliminando qualsiasi ostacolo etico o cognitivo lungo il sentiero.

Lama Gangchen Tulku Rinpoche nasce nel 1941 a Dakshu, un piccolo villaggio del Tibet occidentale. A cinque anni entra nel Monastero di Gangchen, come novizio nella scuola dei Gelug. All’età di dodici anni riceve il titolo medico e filosofico di Kachen (normalmente conseguito dopo almeno venti anni di studi), mentre tra i tredici ed i diciotto anni prosegue i suoi studi presso le due più importanti università monastiche del Tibet (Sera Me e Tashi Lhumpo) e nei monasteri di Tropu e Neutsong.

Con l’invasione del Tibet da parte della Repubblica Popolare Cinese, a cavallo degli anni cinquanta, Lama Gangchen Tulku Rinpoche, venne imprigionato e costretto ai lavori forzati.
Nel 1963, riuscì a raggiungere l’India iniziando a lavorare come Lama guaritore presso le comunità tibetane ivi presenti, diventando inoltre medico della famiglia reale. Successivamente, nel 1981 inizia il suo viaggio per il mondo, insegnando varie pratiche di meditazione e concetti legati all’educazione alla pace interiore e alla cura dell’ambiente.
Nel 1985 arriva in Italia, ivi stabilendosi e insegnando presso vari istituti buddisti e fondando due sedi per gli insegnamenti buddisti: uno a Milano e l’altro a Bée in Piemonte, dove si è trasferito nel 1999.

I suoi insegnamenti fanno tutti perno sulle concezioni della filosofia buddhista vajrayana e dell’antica tradizione medica e di guarigione himalayane basate sui Quattro Tantra Medici.
Lama Gangchen Tulku Rinpoche ebbe modo di riflettere su come nella società occidentale fossero venuti a mancare i valori spirituali e su come questi fossero stati sostituiti dal consumismo e dalla competizione.
Da qui elaborò il concetto di “educazione non-formale”, un insieme di insegnamenti rivolti alla corretta gestione delle emozioni, della psiche e della capacità razionali, da affiancare a all’educazione formale, identificata con tutto ciò che viene insegnato dal sistema scolastico dei diversi paesi.

Lama Gangchen Tulku Rinpoche si è spento all’età di 78 anni e questo suo passaggio nel mondo ha lasciato una traccia indelebile nel cuore di molti. Tra questi l’artista italiano 2501 che ha recentemente realizzato nel quartiere Repubblica a Milano un nuovo murale interamente dedicato alla sua figura.
Discepolo del guru da oltre 20 anni, 2501 ha dipinto il nodo eterno – un simbolo molto importante per la cultura buddista e parte degli otto simboli di buon auspicio – come rappresentazione della saggezza e della compassione, due delle virtù che il maestro incarnava.

L’opera-tributo fa parte di una nuova serie di lavori di 2501 incentrati sull’esplorazione dell’iconografia sacra tibetana e sull’utilizzo dei colori. L’artista è solito infatti lavorare unicamente attraverso il bianco e il nero, quest’opera prosegue quindi su quanto visto alcuni mesi fa su una piccola parete a Los Angeles.

Il murale è visibile su Via Marco Polo a Milano

Grazie a Giovanni Candida / WallsOfMilano per le fotografie